De-sidero
“Come si può dipingere il vuoto?” si chiedeva Sartre a proposito di Giacometti.
Il compito dell’opera d’arte non è, infatti, semplicemente quello di portare la presenza alla presenza, ma di evocare l’assenza attraverso la presenza.
Parmiggiani insiste che l’opera è impregnata di ombra, resta nell’ombra, esige e custodisce il suo segreto, il suo mistero. È nell’oscurità che occorre condurre lo sguardo di chi osserva.
Tratto da Il trauma del fuoco, Massimo Recalcati sull’arte di Claudio Parmiggiani.
L' installazione dal titolo De-siderio si ispira all’idea del viaggio, viaggio inteso proprio come vuoto, silenzio, assenza di stelle (desidero deriva dalla composizione della privativa "de" con il termine latino sidus, che significa stella).
Desiderare, è dunque una situazione di assenza ed è la condizione che vivevano gli antichi quando si affidavano alle per navigare o cercare segni di buon auspicio. Quando le stelle non c’erano, desideravano rivederle per potersi nuovamente orientare. Compito fondamentale del desiderio quindi lo intendo proprio come quello spazio vuoto, di buio e di silenzio che genera il movimento.
Ma qui di quale assenza stiamo parlando?
Gli aruspici, i navigatori, vivevano l’assenza di stelle per poter prevedere il futuro o mettersi in viaggio, disegnavano mappe di quello che più o meno avevano capito del mondo, e quando non sapevano esattamente cosa ci fosse in quel punto là della terra, scrivevano “Ich sunt dracones” cioè lì ci sono i draghi, ovvero il buio e l’oscuro. Nel creare arte nel creare questa specifica installazione, ho sentito la necessità di interrogarmi e interrogare l’osservatore, sull’assenza o meno della propria identità nel tentativo di provare a dare una risposta alla domanda: “Ma io chi sono?”
Guardarsi allo specchio e poi riflettere la propria immagine su di una tela bianca, cosa ne resta di me? E ancora, compiere un viaggio lungo i tratti del proprio viso, costeggiare coste note o esplorare luoghi sconosciuti, oscuri e poi andare oltre, seguire i pensieri oltre lo specchio, attraversarlo.
Viviamo in un tempo tecnologico dove l’intelligenza artificiale, le App, penetrano silenziose nei nostri smartphon, e ci propongono filtri che sfidano costantemente la nostra capacità di restare fedeli a noi stessi e alla nostra natura, creandoci l’illusione di essere altro.
Un tempo in cui è più facile e divertente dilettarsi dietro ad uno schermo e fingersi altro, ma cosa succede quando si resta soli con se stessi, davanti allo specchio, in silenzio?
Scegliamo di ascoltare quella domanda urlata o sussurrata dai dracones che abitano nel profondo: “Ma io chi sono?”
E allora, senza paura, o forse con un po’ di timore, ma tenuti per mano da un percorso artistico di chi si è già posto questa stessa domanda, ci si può incamminare con il
de-siderio di trovare la propria stella che illumini, con la sua luce naturale e senza filtri il nostro volto, la nostra identità.
Installazione interattiva, adatta a tutti.
Interrogativi specchianti, sparpagliati qua e là con con i quali giocare e creare.